La nostra società non è meritocratica: premia quasi esclusivamente chi lecca e/o chi è parente di persone influenti. Le migliori menti, quelle più indipendenti e che non si piegano al sistema, hanno due vie: la prima è la fuga delle menti all'estero cioè andare fuori dall'Italia mentre la seconda significa entrare come dipendenti in un call-center per una cifra dai 500 ai 800 euro al mese. I leccaculo e i parenti dei potenti son sempre in voga nonostante oggi non vadano più di moda.
Leccaculismo e nepotismo stanno paralizzando il paese: continuando così la situazione sociale diventerà sempre più esplosiva. La gerontocrazia dei posti di comando sta infliggendo il colpo di grazia.
Da una parte lo stato incanala i giovani a elevare la propria istruzione, dall’altra le famiglie indirizzano i propri figli verso traguardi volti a innalzare lo standard sociale grazie alla scala mobile idealmente impostata sulla meritocrazia. Tuttavia l’università è stata costruita e ha funzionato in passato come scuola per l’élite; l'università – cioè – produceva un numero limitato di persone le quali, tutte, chi più chi meno, riuscivano a ottenere una certa posizione sociale nell’ambito della classe dirigente della società. Ma quando guardando alla situazione italiana, in luogo di produrre 50-60 mila giovani destinati a entrare nell’élite del potere, la scuola produce un numero dieci volte superiore di giovani: non è più chiaro chi di essi potrà entrare nell’élite e chi invece non solo ne resterà escluso, ma si troverà in una posizione nettamente svantaggiata rispetto agli altri. In tale situazione aumenta l’insicurezza e sono soprattutto i giovani figli del ceto medio a sentire questa contraddizione. Chi potrà sopravvivere?
Who shall survive? Non si deve dimenticare che, antropologicamente, i giovani sono i guerrieri di ogni società. Si rischia di creare una frattura pericolosa fra le genrazioni: da una parte chi ha usufruito delle risorse e dall'altra coloro che non hanno potuto.
Sarebbe sufficente una legge quadro a livello nazionale che imponesse la laurea come condizione sine qua non per i posti dirigenziali (senza deroghe e precisando che le situazioni di fatto non saranno più sanate riconoscendo la mansione al lavoratore ma obbligando l'azienda all'inserimento in organico di lavoratori col giusto titolo legale) per dare un importante segnale di svolta.
La realtà, purtroppo, è dimetralmente opposta.
Invece di spronarli a studiare dovremo raccomandare ai nostri figli: "Cerca di leccare a più non posso il sedere del capo e stai vicino alle persone giuste"?
Provate voi a vivere a queste condizioni?
Generazione 1000€.
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